Gli allenatori tra carota e bastone

Gli allenatori tra carota e bastone

I calciatori sono un po’ bambini: bisogna sgridarli, esseri duri al momento giusto ed incentivarli, sostenerli ed incoraggiarli nei momenti buoni come di difficoltà.
Il classico sistema “bastone/carota” o se preferiste “mano di ferro in guanto di velluto”.
A Genova abbiamo visto alternarsi diversi allenatori con modi diversi di approccio:
  • Gasperini, il Severo. Votato al sostegno finché abbia utilità quel giocatore. Ricorderemo tutti il caso, Marco Rossi quando ebbe i calcoli renali e ritardò l’arrivo in ritiro: si impose obbligandolo a raggiungere immediatamente la squadra pena la cessione; Mesto, definito da molti in modo simpatico “il figlio del Gasp”, ma di fatto, quando il mal di schiena lo portò ad un rendimento mediocre, non ci pensò due volte ad isolarlo e scaricarlo; Figueroa, con il ginocchio che non fermava la propria corsa, gli dedicò una frase più che sibillina “se non può giocare si cerchi un’infermeria” (o qualcosa di simile); Di Vaio, costretto sulla fascia e poi messo in un angolo, addirittura fuori rosa; Lazovic, preso di petto e messo in crisi (di certo il suo punto di forza non risiede nella personalità); Gasbarroni che giunto per la terza volta in ritardo all’allenamento, giustificatosi (pessima idea) cercando di sostenere la tesi fosse stato proprio il mister a dare l’orario sbagliato (ma fu l’unico a presentarsi con un’ora di ritardo), finito a cambiarsi coi magazzinieri e ceduto.

I risultati del suo pugno duro si sono sempre visti e gli hanno dato ragione, certo qualche giocatore lo ha “bruciato”, penso anche a Baoteng, ma finché le cose poi vanno nella direzione giusta… Ed ad onor del vero anche lui usava poi la carota: la sera, per esempio, come nel tempo libero, i calciatori non venivano costretti a rientrare dalle serate in orari specifici, l’importante era, il giorno dopo, in campo fossero pronti. Più bastone che carota, ma molto efficace. Psicologia con i calciatori? Credo risponderebbe: non siamo in clinica!

  • Ballardini, il Latitante. Era infatti e più che altro poco presente. Persino quando in difficoltà, chiusi in ritiro teorico, magicamente qualcuno riusciva a concedersi svaghi. Poi in allenamento poca pressione ed indicazioni – soprattutto l’ultimo anno – e ora sabbatica propria, pre- partita.

Carota con risultati favorevoli, seppur poco gioco e molta fase difensiva. Psicologia? Be’ diciamo che l’atteggiamento pre partita e la mancanza di risposte quando la difesa chiedesse cosa fare (penso soprattutto a Parma, Sassuolo e Lazio) non aiutava la squadra che si è lamentata di ciò.

  • Juric, per quanto peccasse nella gestione della partita, troppo sentita da lui, per cui avrebbe dovuto essere affiancato da chi potesse dare indicazioni utili al momento, o in quella del post gara, con uscite “forti”, ha sempre gestito bene il gruppo recuperando per esempio Lazovic (che difatti lo ha poi seguito a Verona), dando fiducia ad ognuno (Romero) e parlando con i singoli, addentrandosi nelle problematiche di ognuno, dedicandogli tempo…

Molta carota, poco controllo personale… il bastone? Non ho riscontri, ma credo usasse anche quello. Psicologia: 10, della branca costruttivista. Peccato la sfortuna e le carenze “emotive”.

  • Prandelli, il “Signore”. Amato dall’intero staff per educazione e rispetto di qualsiasi ruolo, cordialità distribuita a tutti, coi calciatori è stato certamente “delicato”, forse troppo perdendone ben presto il controllo. Testimonianza fu il fatto fossimo in situazione di classifica tranquilla, seppur senza più il bomber del momento, ma dopo un inizio discreto la paura e “timidezza” hanno avuto il sopravvento ed i giocatori hanno rispecchiato la troppa “flemma” del mister

Decisamente da carota, raramente anzi, forse in un’unica occasione, usava il bastone (Pereira fu “scrollato” dal fiorentino, senza ottenere, purtroppo risultato). Psicologia? Evidentemente non ha scelto la linea cognitivista…

  • Andreazzoli, l’Equilibrato… ma alla fine sopraffatto dall’inerzia dei suoi. Partito bene, probabilmente senza aver avuto bisogno di bastone, si è poi perso come avvenuto anche al suo gioco e forse, a quel punto, nemmeno le “legnate” avrebbero più fatto effetto. Maestro poco pragmatico, ha perpetuato errori sul campo e coi ragazzi, copevoli comunque, ancora una volta, di mancanza di orgoglio (diciamo così)

Onestamente, salvo quanto scritto nel mio precedente articolo in merito ad entourage e risposte, certezze non ne posso avere, ma credo quanto scritto possa definirsi emblematico: più carota, poca psicologia, poca imposizione…

  • Motta, l’Esordiete. Se l’esperienza maturata non possa certo essere ragione di giudizio, passato da giocatore e racconti da Parigi lo collocano decisamente nella fascia “bastonatore” (e non solo di giocatori). E forse, l’ingresso nel secondo tempo, può rappresentare bene la teoria. Ai posteri…

Personalità ne ha sempre avuta, vedremo se saprà trasmettere quella grinta controllata sabato ai suoi, facendola esplodere. Psicologia? Immaginiamo sia Gestald, ma basata sulla propria percezione ed esperienza .

Ho un po’ giocato, non ne abbiate a male. Ma sono curiosa di sapere cosa ne pensiate voi rispetto alla gestione del gruppo, in generale. Qual’è il metodo più efficace?

 

 

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *