Ö mae Zena

Ö mae Zena

Non avete idea di quanto abbia sofferto a vedermi il Genoa, ö mae Zena, su Skygo, in viaggio. Già non vederlo al campo è una sofferenza doppia. Non esserci in un’occasione così è peggio. Perché sapevo che avrebbe giocato ö mae Zena. Che poi è quello di Nestin e Dria, di Bacci e di Nanni, sì, insomma, non so come si chiamino quei due immensi,  vecchi cuori rossoblù che hanno ridisegnato lo skyline di Boccadasse, ma intendo loro.

Ed ero sicuro che contro il Sassuolo sarebbe stato un Genoa per loro, anzi un Genoa loro, nostro, anche un po’ mio. Un Genoa che avrebbe giocato così, da lavoratore. Non povero, non scarso. Lavoratore. Nel senso di pronto a farsi il mazzo, con ingegneri e operai che si danno una mano e si sbattono, con gli artisti che su ogni pallone ci mettono la faccia, anche per buttarlo dentro.

Come potevo esserne tanto sicuro? Perché un pochino ho avuto la fortuna di conoscere Davide Nicola. Troppo poco per quello che una persona, un uomo come lui val la pena essere conosciuto, ma un pochino sì. Ed ero sicuro che mi avrebbe fatto rivedere ö mae Zena.

Faccio una premessa. A me spiace l’addio di Thiago Motta. Spiace, e anzi sono incazzatissimo per il modo in cui è maturato, per come è stato gestito. Mentre Andreazzoli metteva ormai regolarmente in mostra i suoi limiti raccontati d’altra parte dalla carriera, Thiago avrebbe potuto fare bene. Anche se, oggettivamente, i risultati dicevano altro.

Chiusa la doverosa premessa, spiego cosa intendo per ö mae Zena, per quello di Dria e Bacci. Non è che sia molto difficile, in fondo. Ö mae Zena è… ö Zena. Quello che ti fa soffrire ma lo ami e lo sostieni sempre, ancora di più, dal primo all’ultimo minuto. E poi, dal primo secondo dopo il fischio finale, lo difendi con i denti da tutta quella rumenta che puntualmente gli da addosso. A Genova e fuori.

Per questo è lo stesso Genoa di Nestin e di Nanni. Perché loro, quella bandiera ce l’hanno messa prima che il Genoa battesse il Sassuolo. E ce la metteranno ancora nuova appena sarà da cambiare dopo mille battaglie e mareggiate. Mica si chiederanno se il Genoa sarà primo o ultimo, in A o in B, se avrà vinto o perso. Se Tizio ha giocato o se belin… che bestemmia è vedere Caio in panchina.

Nanni e Dria, mentre Criscito stava per battere il rigore, non erano di fronte a lui a sghignazzargli in faccia “vedi di sbagliarlo”, o a smanettare sugli smartphone sperando che qualcuno dicesse che non era fallo. Nestin e Bacci si asciugavano gli occhi umidi a fine partita e non vedevano l’ora che fosse già domani per aspettare al bar quelli a cui brucia ancora di più.

Quei due, mille, dieci o centomila cuori rossoblù che si sovrappongono alla perfezione nel meraviglioso skyline dello scoglio di Boccadasse erano, anzi sono e saranno sempre fieri del loro Genoa. A qualsiasi minuto, in qualsiasi tempo. Ed erano idealmente parte di quel cerchio di Maglie a quarti e di tute strette a centrocampo, dopo la vittoria, insieme al mister.

Sì, torno a Davide Nicola. Non voglio parlarne tecnicamente. Non voglio fargli complimenti stupidi, affrettati e magari pure porta sfiga. È talmente una persona seria da averlo riconosciuto subito che in 5 giorni mica può essere stato lui ad aver fatto il miracolo e che si è visto come ci sia ancora moltissimo da lavorare. Tantomeno mi azzarderei a fare considerazioni tattiche dopo aver visto una partita in tv. Già mi stupivo, positivamente, di vedere subito le marcature a uomo sui calci piazzati.

Davide, e di questo ero certo, ha già iniziato a ricreare un Genoa d’antan. Forse un po’ fuori dai tempi, forse per gli altri un po’ démodé, ma che è tanto ö mae Zena. Una squadra che ha, e avrà in futuro anche di più, le proprie idee, ma non ne è schiava. Perché prima viene la voglia di combattere, di aiutarsi, di agguantare quello che si può.

Non sarà bellissimo dare un calcio e e buttare lontano il pallone, il lancio lungo non sarà lo schema provato in allenamento, ma se serve a evitare rischi, meglio quello che l’ “Idea”. Dare l’anima più per una corsa che per un colpo di tacco non equivale alla certezza di farcela, ovvio, ma alla certezza di essere sufficientemente Genoa, quello sì.

Non è un caso che nel dubbio abbia giocato Perin (ottava stagione con la maglia rossoblu), se in campo c’erano tre prodotti del vivaio che sono tornati da affermati, se oltre al portiere dello scudetto Primavera tra i titolari c’erano altri veterani del Grifo, come Mimmo Criscito (alla settima stagione rossoblu senza contare le giovanili), Pandev (alla quinta), Sturaro (alla terza), Biraschi (alla quarta).

E non è neppure un caso se il mister, a fine partita, ha ribadito di dover anche insegnare ad alcuni dei giocatori a giocare in questo stadio. Davide Nicola non è tipo da frasi fatte, da discorsi ipocriti e leccaculo. In due interviste, pre e post partita, ha già infranto tutti i tabù del calcisticamente corretto.

Anche per questo la foto di Boccadasse che campeggia già sulla pagina facebook di mister Nicola non è una paraculata. Al contrario, è un segnale semplice e forte nello stesso tempo. Nessuno può sapere quali risultati otterrà il Genoa di Nicola, ma di certo sarà il Genoa di Nanni, Bacci, Dria, Nestin… di Davide. Quello per il quale dà tutto chi va in campo e chi va al campo a sostenerlo. Sempre.

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