E per la prima volta, zero gol. Fatti e (per fortuna) subiti.
Spero di trovare la controprova domenica a Roma: questa squadra ha bisogno di essere attaccata in campo aperto, di giocare a prendere e darle. Allora può anche fare qualsiasi risultato e addirittura entusiasmare. Attenzione, non è un complimento, tantomeno al mister. Perché il campionato italiano, soprattutto quello che deve disputare il Genoa, non è fatto delle sfide con le grandi che ti possono punire in qualsiasi momento (vedi Atalanta) e comunque sono una minoranza, né è un insieme di “amichevoli” da affrontare con spensieratezza. E perché non si può giocare in un modo solo, soprattutto se non si è una macchina perfetta e collaudata.
Però è evidente. Quando affronti un avversario che aspetta senza sbilanciarsi, che ragiona, che ti chiede di fare la partita, il bel gioco svanisce, le difficoltà aumentano, le occasioni non arrivano. E perdi o rischi di perdere, perché scopri i tuoi limiti, gli errori di posizionamento, le scalate sbagliate e magari qualche “cappella” individuale.
Il punto con il Bologna te lo prendi, lo incarti e lo custodisci gelosamente in cassaforte perché è d’oro purissimo. Non solo per la classifica, ma perché consente di non aprire la strada agli psicodrammi. Neppure perché sia immeritato, in fondo Genoa e Bologna hanno giocato un tempo per uno senza peraltro creare occasioni clamorose, prendendo un legno per parte da calcio fermo. Ma il rigore poteva oggettivamente raccontare un’altra storia. A questo punto riflettere è obbligatorio, studiare le contromosse anche. Soprattutto rinunciando ogni tanto alle fissazioni.
Avere una propria personalità e idee precise di gioco è positivo. Insistere quando non è il momento, no. E adesso non è il momento di Saponara. A Cagliari è stato uno dei punti di debolezza in fase di non possesso e non è stato decisivo in fase di possesso. Con il Bologna ha cambiato il match, ma in senso negativo. Il suo ingresso con l’uscita di Pinamonti ha dato campo e coraggio agli avversari, tanto che dopo quasi 25 minuti Andreazzoli ha ammesso l’errore e ha rimesso in campo una punta.
E qui vale la pena aprire il capitolo attaccanti. Non che Pinamonti stesse facendo una gran partita. Kouamè, senza la “copertura” di un gol segnato, ha messo a nudo tutti i suoi limiti tecnici e tattici. Ma entrambi hanno caratteristiche precise. Uno è centravanti d’area, una prima punta. L’altro rende se viene lanciato nello spazio. Uno servito spalle alla porta, l’altro con il pallone dei piedi e l’uomo addosso non combinano un granché. Ma soprattutto, nessuno dei due può giocare da solo. Kouamè, appena uscito Pinamonti è diventato più che inutile, quasi dannoso.
L’altra fissazione che oggi il Genoa non si può permettere è la pretesa di portare sempre palla. A iniziare dal portiere. Non c’è verso di vedere un rilancio diretto. No, c’è sempre il passaggio corto, a volte addirittura al regista centrale al limite dell’area, o a un difensore che si allarga e che puntualmente, subito aggredito, deve restituire al portiere che pressato rilancia frettolosamente, male e rischiando tantissimo. Farlo subito con palla ferma e con calma, ogni tanto almeno, fa così schifo? Quante volte poi si cerca sempre l’uomo marcato, anche a centrocampo, mettendolo in difficoltà, spingendolo spesso all’errore anche se si chiama Schone?
Ora Lazio e Milan per provare a capire se davvero si può sfruttare l’atteggiamento degli avversari per cogliere qualche miglioramento. Poi la sosta per correggere gli errori e ricominciare un campionato senza soffrire la maggior parte delle squadre della serie A. Per la prima volta, zero gol. Ma il Genoa zero, anzi zero a zero, non può bastare dopo aver sperato in un Genoa2.0