Cosa c’è dietro agli attaccapanni degli spogliatoi

Cosa c’è dietro agli attaccapanni degli spogliatoi

Buon giorno ragazzi!
Come state? Certamente bene … ma si dai … a 360°… quindi senza girare il coltello nella piaga RossoBlu… in fondo il calcio è un gioco…
BEH… qui vale la pena di fare qualche riflessione ad alta voce, magari coinvolgendo nelle stesse chi avrà avuto la curiosità di leggere queste mie e la pazienza di interagire.
La parola “gioco” è chiaramente inserita nella dicitura della Federazione (e se la memoria mi sostiene, credo sia l’unica ad averla), quindi è chiaro che tutto nasce da un’attività ludica; attività che però, nel corso del tempo e nel tempo memore, visto che, a torto o ragione, la moneta è sempre girata nel calcio più di quanta ne giri in altri settori, è divenuto uno sport di grande rilievo economico e sociale… con tutto ciò che ne comporta.
Quindi, sempre più frequentemente (anche se evidentemente non tutti), temo sia ipocrita l’atteggiamento di chi vuole attirare su di se i favori di questa o quella frangia di sostenitori baciando la maglia, battendosi il petto, giurando amore eterno a questa o a quella bandiera… salvo vederla mutare durante la successiva sessione di calcio mercato. Un fine narratore, scriveva: “[…] si può tranquillamente rimanere fedeli al proprio obiettivo per tutta la vita, perseguendolo assiduamente […] basta permettergli di spostarsi […]” e se questa chicca vale per la vita di tutti noi, è da considerare attualissima anche per il mondo sferico del Dio calcio!

Voi starete pensando a cosa ci azzecchi questa mia lunga prefazione con la riflessione stimolata nel titolo, ovvero: lo spogliatoio, ma sono certo che poco vi sarà richiesto per trovare un nesso tra gli interessi individuali e quelli collettivi ed ancora: tra gli interessi di uno spogliatoio, formato da individui, e quelli dell’allenatore che ne dirige, o tenta di gestirne le gesta sportive, e soprattutto professionali! E se si parla di professione, è inevitabile pensare al tornaconto economico degli interpreti… ed è qui che tocchiamo il cuore del discorso:

LO SPOGLIATOIO DA CHE PARTE STA? CON IL PROPRIO ALLENATORE? CON LA PROPRIETÀ? CON I DIRIGENTI? CON IL PUBBLICO?

Queste sono domande alle quali bisognerebbe poter e saper rispondere, ma per farlo, o anche solo per provare a farlo, bisognerebbe essere disposti a veder sgretolarsi le certezze che abbiamo sempre avuto calcisticamente parlando.

Come ho già detto in altri miei interventi, sono portatore sano di Genoanità, che differisce notevolmente dalla “genialità” che mi suggerisce il T9 (permettetemi la battuta), dal momento che in famiglia ho una sorella che nonostante viva all’estero, segue
maggiormente il Grifo che i propri figli e di una nipote (figlia di mia sorella), che lucidamente e coscientemente, appena si parla di Genoa, smette i panni della donna in carriera, assumendo le vesti, le sembianze e le modalità di un energumeno inferocito al quel cercano di portare via la colazione ed ho assistito sovente a cocenti delusioni da parte di coloro i quali, nell’atteggiamento di questo o di quello, vedevano svilito, ridotto, se non addirittura mortificato il proprio cuore RossoBlu. Ho sempre consigliato loro un maggior distacco nell’analisi delle vicende pallonare, ottenendo per tutta risposta un “mavaffaculo”…

però bisognerebbe iniziare a porsi queste domande, se non altro per affrancarsi da quel lato oscuro della propria passione che ci potrebbe portare a travisare la realtà, credendo che qualcuno stia remando contro qualcun’altra, che questo voglia far esonerare l’attuale allenatore, che per ripicca, Tizio stia scavando la fossa a Caio …
In poche parole: la coesione e la solidità di una società di calcio, va anche valutata in questi frangenti, visto è considerato che faccio fatica a pensare che tutta la colpa sia di questo o di quello… al grido vagamente marxista “meno per tutti, ma un po’ a tutti”, credo che la lucidità di un uomo di calcio, sia esso un magazziniere, l’autista, un direttore sportivo, un presidente, un giocatore, o l’allenatore… stia nel saper fare autocritica e così facendo, riconoscere nella famigerata e temutissima sosta di ottobre (la serie A si ferma per le nazionali, ma io credo che gli
allenatori la temano più che per l’impossibilità di allenare la propria rosa al completo, per il fatto che storicamente sia il momento nel quale si materializza la prima tornata di esoneri) il momento in cui cambiare l’allenatore, potrebbe anche rappresentare un’ammissione di colpa da parte di chi lo ha incaricato qualche mese prima! Ma come? A giugno era il miglior tecnico che fosse mai stato sfornato dal Settore Tecnico di Coverciano ed ad ottobre lo butti nel cesso come se fosse un dilettante?
Ma non sarà che alcune delle componenti della macchina societaria ha perso qualche colpo lunga questo primo periodo? Siamo proprio certi che gli interpreti principali (I CALCIATORI) abbiano reso per ciò che potevano, o semplicemente per ciò per cui erano stati ingaggiati?
Perché è innegabile il fatto che qualunque sia lo spessore e la preparazione del responsabile tecnico di uno squadra, al referto della gara andremo a leggere le gesta del calciatori… sapete come dice quel saggio: “ciuffo pro gol, ciuffo palo fuori” … siamo proprio certi che il fatto di vedere la palla uscire in rimessa dal fondo, o dentro al sacco, dipenda dall’allenatore?

Prima di decidere se sia il caso di cambiare un allenatore (e lo dico per esperienza personale), bisognerebbe aver la forza di riconoscere l’effettiva situazione degli atti: tutti abbiamo fatto a pieno il nostro dovere (che può anche essere diverso dal fatto di averlo fatto bene)?

L’allenatore è il responsabile di ciò che sta accadendo, oppure “… è un uomo solo al comando”?

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